anatomia di un serpente costrittore: valerie tameu e la vibrazione del corpo d’acqua come atto di resistenza all’individualismo
aurora santeluce


il corpo è archivio e l’archivio un corpo

a. lepecki, il corpo come archivio

the thing I came for: 
the wreck and not the story of the wreck
the thing itself and not the myth
the drowned face always staring
toward the sun
the evidence of damage
worn by salt and sway into this threadbare beauty
the ribs of the disaster
curving their assertion
among the tentative haunters.


a. rich, diving into the Wreck (1973)




durante una visita dentistica, con una grottesca dentiera di plastica salda tra pollice e medio la dottoressa compie il rituale ultimo dell’odontoiatria - spiegare il modo corretto di sfregarsi i denti nella fase del lavaggio e così evangelizza: lo spazzolino al contatto con le gengive non deve essere aggressivo, si deve muovere piano, anche quello è un corpo vivente. mi dice proprio questo e nel mio usuale sentire spirituale da quella visione non mi distacco più. le mie gengive adesso hanno un modo di esistere differente all’interno della mia bocca, che è caverna ed è casa e nel flusso dell’acqua che sciacqua e lenisce mi dimostra ancora una volta che la cura è essenziale a tutte le cose della vita, specie quella fisica. esplorare il confine del corpo non è cosa semplice: entrare nel ritmo dell’organo che non si vede ma che sostiene, penetrare nella muscolatura sino ai tessuti, smuoverli. e poi spingersi ancora più in basso, arrivare alla sorgente, a quel settanta-per-cento che ci compone. è proprio sulla smossa dell’acqua, sulla vibrazione dell’onda interiore che si assembla il workshop 𝙑𝙞𝙗𝙧𝙖𝙣𝙩 𝘽𝙤𝙙𝙞𝙚𝙨. 𝙎𝙤𝙢𝙖𝙩𝙞𝙘 𝙎𝙚𝙖𝙨 𝙖𝙣𝙙 𝙑𝙞𝙨𝙞𝙤𝙣𝙖𝙧𝙮 𝘾𝙪𝙧𝙧𝙚𝙣𝙩𝙨 condotto da valerie tameu, autrice e performer, nella terza giornata di supernova. che il corpo sia archivio di memorie è nozione ormai piuttosto nota - dunque se quello incassa e impara e con dolore ricorda, come lo libero? come posso prendermene cura, riconnetterlo al cosmo più grande, ricordare che per aiutarlo a riemerge in tutta la sua selvaggia natura ha bisogno di entrare in connessione, imparare di nuovo a conoscere con quello dell’altr? come liberarlo dalla finzione della performance, ricondurlo alla matrice prima (l’acqua)? nella classe del workshop si stabilisce da subito un tacito accordo: nei prossimi novanta minuti dirigiamoci assieme ed esploriamo la fontana, con curiosità cerchiamo il movimento e con guizzo immergiamoci nelle acque. tameu ci guida in un esercizio – scegliamo una persona e spalla contro spalla le recitiamo a turnazione un testo. rispondiamo alla vibrazione dell’altr come si risponderebbe a un amic di vecchia data, con premura. cerchiamo il respiro nel riverbero della parola e solo dopo, con calma ci stendiamo sul pavimento di legno. gambebracciaschienacollo trovano la collocazione sul pavimento, trenta corpi tutto attorno a formare un tappeto vibrante che vive e respira, che immette aria e la restituisce all’acqua, che si poggia sulle membra, che scuote le fondamenta. di certo è così: il corpo della vita tutto ricorda e di conseguenza fossilizza, da fiume diventa ghiacciaio e lo stalagmite del trauma inizia a punzecchiare - un dolore alle gambe tese alle volte un crampo e sai perché perché quelle vogliono correre correre via dalla monotonia del lavoro dagli uffici con le orrende luci a neon e le finestre sempre troppo lontane e il freddo gelido e nella zona lombare giù dove si annoda il serpente sacro una fitta non sono fatt per stare sette ore seduta su una sedia che lei stessa non mi vuole lei stessa mi rifiuta con la superficie troppo ruvida e poi dio!, dio che dolore alla testa che dolore al petto ultimamente sono tachicardic ultimamente non dormo bene ho passato le ultime due giornate con il respiro corto e di continuo mi raffreddo forse adesso prendo una tachipirina per caso hai un’aspirina?

e il corpo si tende e non si scuote. come rimedio  e  riscoperta alla nevrosi perpetua della contemporaneità valerie tameu colloca la pratica somatica dello scuotimento delle acque noi piccoli cristi in erba ci rivolgiamo all’interno e camminiamo sulla lastra liquida e quella cammina su di noi. da stesi iniziamo a vibrare il ghiaccio viene scosso una crepa lenta insorge ed eccone una seconda il glaciale sentire inizia a risvegliarsi perché pian piano bisogna dal pavimento bisogna rialzarsi in un movimento perpetuo al bacino dare spazio scuotere le braccia ballonzolare sui talloni in posizione verticale anche all’acqua piace sfidare la gravità innalzarsi di tanto in tanto con maestosa eleganza e infinita teatralità. a un tratto, le pareti della sala si riempiono di musica da club e corpi fluidi saltano in un antro umido e non esiste imbarazzo solo immensa protezione. il mio corpo adesso è anche il tuo e vibra alla stessa intensità - ti ricordi quando tutto questo non esisteva, quando lo spazio del corpo non era che un concetto relegato all’umano e non costringeva l’essere? era forse così sostare nell’utero, per nove mesi come il ragno sentire con la pelle le cose tutte attorno. nella cultura dello sfrenato individualismo noi vipere dell’ego brutale strangoliamo l’Insieme delle cose. ecco l’anatomia di un serpente costrittore occidentale: non esiste altro dio al di fuori dell’Io. eppure siamo corpi-corrente, e per vivere necessitiamo del sincrono, dell’incedere con l’insieme. nel 2017 la filosofa femminista astrida neimanis segna un momento di svolta negli studi di genere, introducendo il concetto di idrofemminismo. questo altro non è che un invito a concepire i corpi non come costretti da rigide regole fisiche e metafisiche, non come adattabili al recipiente ma capace di dirompere da esso, di espandersi nel margine, di contaminarlo e contaminarsi, diventandone parte integrante. “as watery, we experience ourselves less as isolated entities and more as oceanic eddies – i am a singular, dynamic whorl dissolving in a complex, fluid circulation” e nel movimento collettivo, la morsa del boa si allenta.

 

 
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