I’m a slave for you
Emma Cortesi



foto Pietro Bertora

Magic Maids lavora in bilico tra commemorazione e rituale: le registe e performer Eisa Jocson e Venusa Perera incarnano ed evocano le lavoratrici domestiche uccise con l’accusa di stregoneria – spesso da parte dei loro stessi datori di lavoro, per nascondere relazioni extraconiugali. La cronaca emerge in un territorio sospeso, dove gli oggetti utilizzati – scope di varia lunghezza e dimensione, sale grosso – costruiscono un’ambiguità a metà tra il domestico e il sacro, tra il quotidiano e il magico. Le performer si muovono con precisione e intensità di sguardo, richiedendo a noi testimoni una presenza viva e partecipe. Non c'è narrazione lineare, ma una progressione di atmosfere che oscillano tra la fatica, la furia e il rito profano contemporaneo.

In Magic Maids, il lavoro invisibile si mostra attraverso azioni ripetitive, gesti quotidiani deformati dal contesto rituale. Le scope diventano prolungamenti del corpo, strumenti di fatica ma anche di potere. Il sale sparso con movimenti circolari che ci viene chiesto di spazzare via, richiama gli esercizi silenziosi della cura e della pulizia, come a mostrare ciò che normalmente resta nascosto: la fatica, l’isolamento e la tensione che abitano il lavoro domestico, e le profonde dinamiche di potere sottese ad esso.

Eisa Jocson e Venusa Perera si mettono all’asta come lavoratrici domestiche, rivolgendosi direttamente al pubblico. La realtà crudele delle selezioni e valutazioni a cui sono sottoposte molte donne filippine e srilankesi nel mercato globale del lavoro domestico si rivela tramite la riappropriazione di quegli stessi stereotipi. Le performer si offrono come corpi da valutare, ma con uno sguardo ironico, lucido, feroce. Il pubblico, messo nella posizione scomoda di possibile datore di lavoro, diventa parte del dispositivo scenico, e in questa relazione necessariamente problematica i meccanismi coloniali si rivelano.

Appunto, I’m a slave for you, e Britney Spears non è mai stata così politica. 




foto Pietro Bertora



Magic Maids 

“Magic Maids” intreccia performance rituale, teatralità e possessione. Un incantesimo selvaggio che smaschera il legame tra la storia della caccia alle streghe in Europa e l’attuale sfruttamento del lavoro femminile nella catena globale della cura e del lavoro domestico migrante. Le due figure femminili – la strega e la domestica – appartengono alla stessa matrice: potenti e impotenti, temute e venerate, usate, accusate e scartate. Questi archetipi non sono solo residui del passato, ma vivono ancora radicati nell’immaginario contemporaneo. Eisa Jocson e Venuri Perera hanno raccolto storie di lavoratrici domestiche migranti provenienti dal cosiddetto Sud globale, le cui voci ora risuonano nei loro corpi. In scena, lo strumento per le pulizie domestiche, nonché veicolo della strega – la scopa – diventa estensione del corpo, asse di una trasformazione che ribalta l’oppressione in una mostruosa resistenza femminista. Il duo della scopa riporta alla sua natura selvaggia il femminile addomesticato, dando vita a un rituale di disobbedienza che smantella la narrazione dominante in cui siamo immersi.

Bio
Eisa Jocson è un’artista interdisciplinare con base a La Union, nelle Filippine. Nelle sue creazioni, da “Death of the Pole Dancer” a “Macho Dancer”, “Host”, “Princess”, “Superwoman Band” e “Manila Zoo”, il capitale è la forza trainante che spinge il corpo verso territori sviluppati. Presenta i suoi lavori in teatri e festival internazionali in Asia e in Europa come Tanz im August, TPAM Yokohama, Zürcher Theaterspektakel e Frankfurter Positionen. È stata insignita del 13 Artists Award del Cultural Centre of the Philippines, dell’Hugo Boss Asia Art Award, del SeMa-HANA Award e del Tabori Award International.

Venuri Perera è un’artista, curatrice ed educatrice indipendente originaria di Colombo, Sri Lanka. Indaga le dinamiche di potere legate alla visibilità e all’opacità, mettendo in atto strategie che destabilizzano e disorientano il modo in cui percepiamo l’altro. I suoi lavori, sia individuali che collettivi, affrontano temi come il nazionalismo violento, il patriarcato, l’immigrazione, l’eredità coloniale e le disuguaglianze di classe, e sono stati presentati in festival e simposi internazionali a partire dal 2008. Perera ha ideato e curato i progetti della Colombo Dance Platform (Goethe-Institut) ed è membro della Dance Panel dell’Arts Council dello Sri Lanka. Laureata al DAS Theatre, oggi vive tra Amsterdam e Colombo.