The Bridge - per riflettere insieme
Ettore Gentili
Pensavo di scrivere una poesia. Poi ho scritto una poesia.
Ma mi resta ancora un po’ di decenza: questa poesia non sarà pubblicata qui.
Perché? Perché comincio a credere che bisogna lasciar andare le nostre velleità di romanziere e capire quando è il momento di farsi giornalista.
Ovvero rendersi conto che l’accesso alla creazione e il dovere di documentare non appartengono a tutti in forma uguale.
Avete già notato che leggiamo tanti racconti inventati dei nostri grandi autori·trici nazionali, mentre quasi esigiamo che autori·trici provenienti da paesi in guerra, o da paesi occupati ci raccontino “storie vere”?
Non sto inventando niente, hein : è un pensiero che prendo in prestito a Chimamanda Ngozi Adichie dal suo libro Half of a Yellow Sun.
Però si, a me pare di avere più diritto a scrivere in modo fantasioso, o di avere più spazio per farlo, che qualunque artista palestinese. Per esempio.
I privilegi mi rimangono sullo stomaco, non li digerisco.
Ma non si rifiuta un privilegio, lo si cortocircuita, lo si mastica e lo si rigurgita affinché chi questo privilegio non ce l’ha, ne possa usufruire.
Allora per quest’ultimo testo per Supernova, voglio farmi documentarista.
- Se Tu, che mi stai leggendo, non hai mai visto gli immaginari, mai ascoltato i sogni, mai vissuto i sentimenti del popolo Palestinese, ma solo le voci di genitori in lutto, di bambini che giocano nonostante tutto, e di giornalisti; ecco fai un pausa e cerca questi film:
La storia dei tre gioielli (1995) di Michel Khleifi
Intervento divino (2002) di Elia Suleiman
Quando ti ho visto (2012) di Annemarie Jacir
Intervento divino (2002) di Elia Suleiman
Quando ti ho visto (2012) di Annemarie Jacir
e le poesie di :
Mahmoud Darwich
Fadwa Tuqan
Noor Hindi
Maya Abu Al-Hayyat
Fadwa Tuqan
Noor Hindi
Maya Abu Al-Hayyat
e le canzoni di :
Saint Levant (pop, R&b)
Clarissa Bitar (oud, neo-tradizionale)
Lowkey (rap, hip hop)
McAbdul (rap, hip hop)
Clarissa Bitar (oud, neo-tradizionale)
Lowkey (rap, hip hop)
McAbdul (rap, hip hop)
È solo un piccolo spunto, ti lascio continuare la ricerca.
- Se Tu, che mi stai leggendo, non hai proprio idea di quello di cui sto parlando, fermati, ti faccio un riassunto:
Partiamo da un po’ più lontano perché la storia è fatta di reazioni a catena.
Alla fine del 19° secolo, in Europa, le discriminazioni contro le popolazioni ebree (che non solo hanno una religione diversa dalla maggioranza cristiana, ma hanno mantenuto nei secoli una cultura abbastanza distinta da creare anche una divisione etnica) sono particolarmente forti.
L’ideologia Sionista moderna nasce in reazione a ciò, e si nutre di varie correnti ideologiche. Sono varie ideologie multiformi, in realtà, che attraversano da destra a sinistra lo spettro politico. L’idea di creare uno Stato-Nazione ebreo, etnicamente omogeneo, in Palestina (allora sotto l’Impero Ottomano) è una delle tante idee che circolavano.
Ma in Palestina all’inizio del 19° secolo si parla arabo levantino. I mussulmani parlano arabo, i cristiani parlano arabo e gli ebrei parlano arabo pure loro. L’ebraico non lo parla più nessuno, era come il latino, una lingua morta usata solo dai religiosi. Sarà la lingua del nuovo stato di Israele, ma bisognerà risuscitarla.
L’Inghilterra si accaparra il mandato in Palestina nel 1920. È un governo doppiogiochista: alle popolazioni arabe locali è stata promessa autonomia in cambio di alleanza durante la prima guerra mondiale; agli ebrei inglesi è stata assicurata la creazione di uno stato loro, con una logica simile a quella delle “colonie de peuplement”, come furono L’Algeria per la Francia e la Libia per l’Italia, ovvero una colonia di cui non solo usufruire economicamente ma spostare una parte della propria popolazione.
Il traumatismo della Shoah mette in secondo piano tutto sionismo moderato e rende la creazione di uno stato etno-religioso in Palestina l’unica soluzione concepibile all’odio europeo per gli ebrei, in quegli anni. Ma questo Sionismo è nutrito visceralmente dall’ideologia della Colonizzazione e i metodi che utilizza per governare sono gli stessi.
Certo imperi e occupazioni esistono da molto tempo (anche se, in termini assoluti, non da così tanto, e civilizzazioni che non ne hanno avuto bisogno ce ne sono state).
Però quello che chiamiamo “colonizzazione” è un po’ diverso. È l’occupazione di un territorio per controllarne le risorse fondata su una base ideologica che mette una certa popolazione in posizione di superiorità rispetto a un’altra e ne giustifica sfruttamento, soppressione di culture, tradizioni e popolazioni per rimpiazzarle con quelle della cultura colonizzatrice quasi sempre implicando metodi genocidari.
La parola “genocidio” è stata inventata dopo la Shoah, certo, ma i metodi di sterminio usati sul territorio europeo erano già stati sperimentati in America e poi in Africa. Il Genocidio è nato ben prima che ci toccasse così da vicino da volergli dare, finalmente, un nome.
Israele non è niente di nuovo, è quello che era la maggior parte del mondo tra la fine del 19° e l’inizio del 20° secolo. È l’ultimo caso di colonizzazione “old school”, ma con la tecnologia odierna. La neo-colonizzazione funziona un po’ diversamente, ma non dilunghiamoci troppo che poi ti stanchi di leggere.
Oggi Israele è uno stato che funziona su un regime di apartheid, ovvero dove la tua etnia determina quanti e quali diritti possiedi.
- Ogni ebreo-a ha diritto ad avere, se lo desidera, la cittadinanza israeliana, che sia nato in Palestina o no, ma è immensamente più facile per un ebreo ashkenazi (bianco) che per gli ebrei etiopi (neri). Per accedere pienamente ai diritti civili bisogna però fare il servizio militare di tre anni. Uomini e donne, obbligatorio: è uno stato che si vuole perennemente in guerra.
- I Palestinesi, mussulmani, atei o cristiani, nati nel territorio ufficialmente israeliano hanno una cittadinanza di serie b: la carta d’identità è la blu, israeliana, ma i loro diritti politici sono dimezzati.
- C’è uno statuto speciale per coloro che provengono da Gerusalemme Est, che non hanno diritto alla cittadinanza israeliana ma solo alla residenza permanente.
- Per i Palestinesi nati in Cisgiordania (che è senza accesso al mare e al 60% occupata da coloni israeliani) non esiste libertà di circolazione. La frontiera per loro è un evento quasi quotidiano, la frontiera separa villaggi, campi agricoli, pozzi d’acqua. Poiché i posti di controllo israeliani sono dispersi in vari punti all’interno del territorio ufficialmente controllato dall’Autorità Palestinese.
- Infine coloro che nascono nella striscia di Gaza si ritrovano bloccati da ogni lato, con Israele che controlla ogni importazione, esportazione e movimento, separando i palestinesi di Gaza da quelli di ogni altra zona.
È quello che, penso, intendesse farci sentire Ahmed Kullab muovendo il suo corpo fluido in quello spazio angustio, senza decoro, dove il viaggio è un’incognita e gli ordini vengono dall’alto, da esseri meccanici, invisibili, mediati dalle macchine e dalle armi eppure spaventosamente umani. Viviamo in un mondo dove certi corpi possono prendersi qualche giorno di vacanza a 2000 km dalla loro abitazione, mentre altri devono viaggiare senza certezza né dell’arrivo né del ritorno.
Perché dovrebbe fregarcene qualcosa ?
Milioni di ragioni tra cui:
- nonostante quello che una certa cultura preponderante ci voglia far credere, l’empatia è la più grande risorsa di noi esseri umani. Sopravviviamo molto meglio come specie quando lavoriamo insieme e ci aiutiamo a vicenda.
- egoisticamente ? A meno che tu non sia qualcuno le cui decisioni affettino le vite di milioni di altri (ma dubito che tu mi stia leggendo), la possibilità che tu o qualcuno dei tuoi cari possa un giorno soffrire le stesse oppressioni è più alta di quanto tu creda. Israeli government and their allies are experimenting how far they can get away with it.
Ok bene, chissenefrega di finire su qualcosa di lirico o ben scritto: finiamo piuttosto su qualcosa di duro e concreto: cosa si può ancora fare (meglio provare e battersi fino all’ultimo che non provare neanche)
- boicottare tutti i prodotti proveniente da Israele e particolarmente quelli coltivati nelle terre illegalmente occupate di Cisgiordania.
- boicottare i prodotti delle marche che sostengono il regime Israeliano. Ce ne sono tantissime: per aver maggior impatto meglio seguire le campagne mirate del movimento BDS.
- Partecipare alle proteste, alle campagne di sensibilizzazione, scrivere ai deputati, informarsi.
- Fare disobbedienza civile, scioperare, rifiutarsi di essere complici col proprio lavoro, come i docker di Marsiglia che il 5 giugno hanno rifiutato di caricare delle componenti militari su una nave diretta in Israele.