Vibrant Bodies. Somatic Seas and Visionary Currents

VALERIE TAMEU

foto di Margherita Caprilli
foto di Margherita Caprilli
foto di Margherita Caprilli


Il corpo che vibra
Giada Borgagni

Il workshop Vibrant Bodies. Somatic Seas and Visonary Currents di Valerie Tameu affronta la questione del respiro come cassa comune di vibrazioni che, a partire dalla condivisione di una interessante ricerca bibliografica, si conclude con una fase in cui il movimento del corpo steso a terra che si solleva. Dalla questione dell’Atlantico come luogo di morte e speranza, alle nuove figure mitologiche dell’acqua spopolata in periodi post-coloniali, fino a spingerci verso l’analogia esistente tra il mondo mammifero marino e il femminismo Nero, Tameu prende parola politica sul corpo, celebrandone il carattere spirituale. L’elemento predominante del flusso discorsivo e laboratoriale è l’acqua: acqua che guarisce dalle ferite inflitte dai colonizzatori, acqua allo stato liquido che unisce corpi, acqua che erompe sotto forma di sudore, acqua che ci compone. Il progetto di Tameu fa riferimento allo scritto Undrowned. Black Feminist lessons from marine mammals di Alexis Pauline Gumbs, femminista nera e attivista queer, dove la relazione tra femminismo nero e la specie dei mammiferi marini si coniuga in una relazione di sorellanza e constatazione identitaria dove minacce che tendono a braccare, quali abilismo, specismo e razzismo, convergono. 

Astrida Neimanis introduce una svolta nella corrente femminista: il concetto, le pratiche politiche e critiche che ne derivano sono esposti nel testo intitolato Bodies of Water. Posthuman Feminism Phenomenology (2017). L’acqua è un elemento eccentrico proprio perché ‘’fuori/ex’’ dal centro discorsivo: ossia posto ai margini dei discorsi inerenti la questione ambientale ed ecosostenibile. L’Introduzione di Bodies of Water presenta “l’arco del progetto” messo in opera dalla scrittura di Neimanis. Ispirata al principio dell’“incorporazione”, secondo cui il genere umano è composto d’acqua, che costituisce i corpi e li circonda, determinandone le relazioni di assimilazione, di trasformazione e di mutuo scambio. La sezione introduttiva annuncia i tratti essenziali della sfida critica e femminista che il testo pone all’individualismo, al fallocentrismo (l’impero della soggettività, nella non-relazione di appropriazione dell’alterità femminile, animale, vegetale e ‘’acquatica’’) e all’antropocentrismo (il privilegio dell’umano contro la natura). Il concetto di idrofemminismo rimanda all’immaginario artistico, poiché è nella creazione di immaginari nuovi in relazione all’acqua che si tendono a creare forme di linguaggio artistiche (Carotenuto S., in De Vita, pp. 9-10, 2021).

‘Riconoscenza ai miei oceani di amore, alla mia vasta famiglia in ogni direzione. Alle mie madri di tutti i generi, età e tempi. Grazie per avermi nutrito e per avermi reso responsabile in più modi di quanti possa nominare. (Gumbs, 2020)

Il respiro ha assorto il workshop: citando Undrowned di Gumbs, il respiro umano si lega al respiro delle balene, sottolineandone quanto sia cruciale per il nostro respiro e per il ciclo di carbonio del pianeta, quanto le foreste della terraferma [...]. Il lavoro di riconoscimento del respiro dell'Altro, in quanto essere distinto, ha avuto spazio nella prima pratica di Valerie. A coppie, disponendoci nello spazio, ci è stato consegnato un testo, letto ‘’schiena a schiena’’ all’interno della coppia. Ascoltando la lettura del brano della mia compagna, si percepiva la sua cassa toracica emettere un vibrato di volume microscopico, un ronzio intra osseo. Tra le molteplici coppie formate nella Sala della Musica, risuonavano i bisbigli e le risonanze emesse dalla lettura del testo.

Successivamente, i nostri corpi sono stati preparati e accompagnati dalla voce di Valerie Tameu, ad entrare in contatto con il suolo; a riscoprire un’orizzontalità che curva con le linee del corpo steso. I corpi orizzontali si sono attratti sul parquet liscio, che fungeva da vettore, orientati dalla cadenza del movimento e dalla voce di Valerie che echeggiava nella sala. Era come se si stesse tramandando al pavimento un movimento privato, nello scivolare sul suolo, tra le teste e le gambe altrui. Si è poi accennato, prima timidamente, poi con disinvoltura, il passaggio di altezza, dal suolo, alla posizione verticale. Nella verticalità del movimento, i corpi divampavano disinibiti e le braccia si facevano frecce convulse. Ognuno di noi ha lanciato un grido, la voce è uscita come una cascata. Una brezza ci ha caricato, la brezza provocata dal riscaldamento della nostra acqua corporea e del terreno battuto nel salto. Un climax dettato dal dinamismo concentrato, dell’aver disarticolato muscoli, zone d’ombra, fianchi, rivelato dal rossore delle nostre guance.



Tra grilli che friniscono, muoversi in uno spazio ad occhi chiusi ti accorge a non schiacciare, nessuno, di quei grilli, si dissigilla attorno a te l’unica presenza che scuote gli steli: l’alito del vento dei corpi in movimento.



foto di Margherita Caprilli




 
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